Il fondo Althum mi chiese assistenza per perfezionare l’acquisizione di Aelot, una società di servizi che negli anni aveva sviluppato un’esperienza e una struttura impiantistica specializzata nella purificazione di solventi organici esausti e nel recupero di carburanti e combustibili ecologici. L’azienda aveva anche sviluppato la capacità di produrre prodotti chimici intermedi.
Il fondo aveva bisogno di un esperto che fosse in grado di interpretare la consistenza impiantistica e operativa della società e le sue prospettive di sviluppo.
I numeri parlavano infatti di un’azienda in grado di produrre stabilmente un EBITDA vicino al 20% di un fatturato in leggera crescita, nonostante le fluttuazioni dei prezzi di mercato.
Si trattava quindi di mettere a fuoco i rischi e le opportunità di un’acquisizione che si prospettava particolarmente interessante, anche perché i soci di riferimento sarebbero rimasti all’interno della compagine azionaria, garantendo continuità alla gestione operativa.
Fu subito chiaro che l’azienda poteva essere considerata parte del settore dell’economia circolare, perché era in grado di valorizzare i rifiuti di alcune specifiche lavorazioni industriali, riciclandoli e trasformandoli in prodotti aventi un preciso mercato di sbocco, realizzando così la situazione cosiddetta di “end of waste”.
Il valore del servizio di smaltimento e il valore dei prodotti rigenerati potevano quindi subire delle oscillazioni ma la situazione era tale che le differenze si compensavano e la società era in grado di prosperare.
Mi occupai allora degli aspetti tecnici e impiantistici, fornendo anche indicazioni utili al fondo per completare positivamente la strutturazione dell’operazione e la relativa acquisizione.
Vi era molto da fare per trasformare la società, improntata ad una gestione padronale, in un soggetto autonomo e dotato di strumenti di controllo e pianificazione.
Venni perciò cooptato nel CdA per assistere il fondo Althum nella gestione dell’investimento e nella promozione delle opzioni di sviluppo identificate, mettendo mano anche ad alcuni interventi di riassetto organizzativo e produttivo.
Era sorprendente vedere come l’azienda fosse in grado di rispettare puntualmente il budget concordato nonostante la congiuntura economica fosse particolarmente deprimente.
Trascorsi alcuni anni, il fondo Althum era ormai pronto per l’uscita dall’investimento.
Fu un vero peccato abbandonare Aelot dopo un tratto di strada percorso insieme.
Chiesi pertanto al fondo Althum di interrompere la collaborazione e di ottenere l’autorizzazione ad assistere un potenziale nuovo investitore e Althum ritenne che non fosse una cattiva idea perché avremmo potuto facilitare l’operazione, nell’interesse sia del venditore che dell’acquirente.
Nel lotto dei potenziali pretendenti c’era Allure, un’azienda francese quotata in borsa, operante nel settore dei rifiuti. Ne studiai i numeri e la strategia e mi parve un buon match per Aelot.
Mandai un messaggio al Presidente che mi convocò dopo qualche giorno per una riunione informale con il figlio che si occupava di Business Development.
All’ultimo piano della Tour Montparnasse si godeva di una vista impressionante su Parigi: la sintonia fu ottima e iniziai così a lavorare per il nuovo partner francese sul progetto di acquisizione.
Del resto, come diceva Cocteau: “francesi ed italiani ragionano allo stesso modo, anche se con uno spirito diverso”.
I francesi erano assistiti da un Advisor finanziario di primissimo piano.
La loro strategia era semplice e perfetta: crescere rapidamente mediante acquisizioni selezionate in vari settori dell’economia circolare, mantenendo un rapporto Debt/Equity sostenibile che non esponesse l’azionista di riferimento a una potenziale scalata ostile.
Come target Aelot andava quindi benissimo, si trattava solo di poterla comprare ad un prezzo giusto.
Iniziava una così nuova avventura, che però vi racconteremo alla prossima occasione.